Non è un caso che il Comitato rivoluzionario affidi la missione di «liquidare» Valerian Aleksandrovič Kurilov, l’odiato ministro della Pubblica Istruzione del regime zarista, proprio a Léon M.: orfano di due rivoluzionari russi, allevato in Svizzera a spese del «partito», questi non ha avuto altra famiglia che i «compagni», ed è cresciuto con l’idea «che una rivoluzione sociale fosse inevitabile, necessaria». Nel gennaio del 1903 Léon, non ancora ventenne, assume dunque la falsa identità del dottor Marcel Legrand e riesce a entrare nella casa di colui che gli studenti universitari hanno soprannominato il Pescecane. Perché è «feroce e vorace», e non esita a far sparare sugli studenti, né a farli arrestare, processare e giustiziare. Eppure, vivendo costantemente al suo fianco, il falso dottor Legrand scoprirà che le cose e gli uomini sono più complicati di come appaiono. Fin dal primo sguardo il volto di Kurilov gli sembra «più molle, più fragile, più vulnerabile», e presto capirà che è anche gravemente malato. Inoltre, Kurilov è molto innamorato della seconda moglie, un’ex cocotte francese che i sovrani si rifiutano di ricevere, e a causa di questa donna, che tutti giudicano «sconveniente», è pronto ad affrontare persino la disgrazia politica. E per finire è molto più scettico e pieno di dubbi di quanto le sue posizioni pubbliche lascino credere. Materia perfetta per Irène Némirovsky, che in questo romanzo dimostra ancora una volta le sue doti di narratrice, e dà prova di una inconsolabile lucidità sui destini del genere umano e sulla sua derisoria pretesa di cambiare il corso della storia.